27 agosto, 2010

Usabanda, Yamabanda

La mia prima lezione di Yoga si è tenuta in America in una palazzina in stile liberty con enormi camini, vecchie mensole di legno al cui interno erano posizionati eleganti tappetini nuovi color sabbia ed un meraviglioso parquet scuro. I grandi camini erano accesi e bruciavano la legna producendo allegri scoppiettii, mentre la neve fuori fioccava serafica donando all'atmosfera all'interno della scuola quel non so che di protettivo, come quando fuori piove e tu sei dentro al caldo.
Una situazione del genere potrebbe, a prima vista, apparire invidiabile, avvolgente, à la page, ed in effetti lo sarebbe stata se il luogo in cui si trovava la scuola non fosse stato BUFFALO. E quindi, l'idea di essere cullata dal soffice e suaente calore dei camini e dal legno scuro del parquet lasciava immediatamente posto alla disperazione più nera per il momento in cui avrei dovuto recarmi all'auto e tornare a casa. Uscire di lì, lottare contro la morte per cercare di rientrare sana e salva. Braveheart mi faceva veramente un buffalo (scusate, ma la battuta per forza).
Quindi ero lì che mi ripetevo "Come faro a tornare a casa?"
"E se non dovessi farcela?"
"Non tornerò mai più a Napoli, non rivedrò mai più la mia famiglia, i miei cari".
Poi più o meno in genere mi mettevo a piangere, ma quella volta ero in pubblico, quindi per trattenere le lacrime mi misi a scrutare gli altri. Di fronte a me c'era chiaramente colei che aveva ispirato il film Kung Fu Panda, intenta a prepararsi per la lezione di Yoga. Uno spasso. La lezione, alla fine, si concluse con un mal di schiena epico, tutti i capillari del viso scoppiati per aver cercato di trattenere (mostrando all'esterno un'aria solenne e concentrata) la maggiore quantità di risate che in una sola ora possa essere concepita da un essere umano (provate voi a fare una lezione di Yoga di fronte a Kung Fu Panda nelle posizioni più improbabili, poi mi dite) ed il mio allontanamento dall'aula (avendo per giunta pagato la lezione).
Pensai che lo Yoga non fosse adatto a me.
Avrei dovuto trovare qualcosa di soft, ma di meno ridicolo.
Soft, per dire, è il gioco degli scacchi, che la federazione qualcosa ha definito "sport" a tutti gli effetti. E mi pare giusto. L'allenamento fisico è comunque presente ma lo sforzo non è eccessivo. Diciamo che gli scacchi sono il floor, il livello minimo. Il parametro massimo, il cap, per me è individuabile nello sforzo fisico che si fa per raccogliere un oggetto caduto. E dipende anche da dove va a finire, se rotola.
Sarò pigra, ma quando mi cade qualcosa il pensiero di abbassarmi a raccoglierla mi annienta: in genere sto lì ed aspetto. Se non c'è nessuno inizio ad attirare l'attenzione su di me, poi con aria afflitta fingo di avere un enorme problema alla schiena, il vestito stretto, i tacchi troppo alti finchè non trovo qualcuno che si abbassi a raccogliere l'oggetto. A volte faccio finta di abbassarmi molto lentamente finchè il vicino di posto, interlocutore, passante, insomma qualcuno, vedendomi in evidente difficoltà si abbassa più velocemente e raccoglie.
Quindi si diceva. Ho cercato di trovare uno sport soft ricompreso tra un cap (scacchi) e floor (fatica per raccoglimento oggetti).
Non ci crederete, ma niente. Nada. Nein.
Così, in Italia, mi sono rilanciata nello yoga. E quasi quasi mi sto appassionando.
Tuttavia nella mia lunga esperienza italiana ho incontrato una serie di istruttori di Yoga con chiari problemi psicologici, i quali oltre a parlare in "yoghese" ed a cantare impronunciabili canti indiani sempre in yoghese, linguaggio per me del tutto ignoto e privo di significato ma che gli altri in genere sembrano comprendere, gli insegnanti di yoga italiani tendono a spiegare qualsiasi cosa, qualsiasi esercizio, qualsiasi movimento in un linguaggio misto italiano/yoghese, ad una velocità impressionante.
Alcuni insegnanti in realtà fanno una lezione di GAG (Gambe Addome Glutei, mi pare, ma potrebbe essere anche Guadiamo Assieme Grandi ruscelli) con tanto di musichetta orientaleggiante, piuttosto ritmata, che innervosirebbe anche il più paziente essere umano.
Se non sei snodato tipo gli sbullonati o comunque non riesci a trovare la posizione (o è la posizione che proprio non ti trova, perchè come mi è stato ripetuto, è la posizione che viene da te, non sei tu ad andare in posizione) gli istruttori italiani tendono ad odiarti ed a ridicolizzarti davanti a tutti.
Per esempio l'altroieri, recatami ad una lezione (la mia insegnante preferita è ancora in ferie) mi sono imbattuta in un uomo con una cazzima veramente micidiale (che per comodità d'ora in poi chiameremo Adolf) il quale, poichè di solito tiene i corsi "più avanzati", nell'ultima settimana di agosto aveva dovuto adeguarsi e fare una lezione comune per tutti, compresi quelli "di livello inferiore" che - per inciso - gli stavano chiaramente sul culo.
Io in particolar modo.
In effetti ero entrata nella sala con le scarpe con i tacchi, ma avevo dimenticato le ciabattine, non poteva mica pretendere che andassi in giro per quella lurida palestra scalza???
Insomma tolgo le scarpe (per altro dei bellissimi sandali blu di Jil Sander), mi infilo i calzini, stendo il mio tappetino verde esattamente di fronte ad Adolf (ignara di quello che mi attendeva) mi siedo ed inizio a guardarmi intorno.
L'esordio fu.
Adolf: facevi prima a mettere un paio di ciabattine per la lezione di yoga.
Adolf Adolf Adolf. Tu si che sei veramente perspiacace. Magistrale, veramente.
Che vuol dire questa frase?? A parte che con un paio di ciabattine avrei impiegato lo stesso tempo ma poi mi sembra abbastanza evidente che io non abbia con me un paio di ciabattine iundubitabilmente più idonee per recarmi ad una lezione di yoga!!
CD accennando un sorriso, fa un lungo respiro ed annuisce silenziosa.
Adolf: bene, iniziamo la lezione. Tenete ben stretti lo sciatabanda e gli urabanda e i banda.
Dalle varie lezioni che ho tenuto in giro per il mondo (Milano e Buffalo) ho intuito che questi termini inconsueti, non sono altro che un gentile espediente yoghese utilizzato dagli insegnanti italiani per non dire apertamente la parola "ano". Lo yoga si pratica tendenzialmente a chiappe strette. Ora, tutti gli insegnanti chiedono di fare attenzione, quando ci si riesce, a controllare urabanda, yasabanda eccetera, ma Adolf no. Per Adolf devi fare tutta la lezione di Yoga con l'ano sotto stress e le chiappe in contrazione. E, non chiedetemi come, ma se non lo fai SE NE ACCORGE.