19 novembre, 2008

Changeling. (Changefilm)

Pare che Changeling, l'ultimo film di Clint Eastwood con Angelina Jolie farà incetta di Oscar, così ho pensato bene di andarlo a vedere, contro il mio sesto senso che dal trailer non era parso particolarmente persuaso. E infatti. In realtà l'idea c'è, e la storia anche, che per inciso è stata tratta dagli atti realmente ritrovati negli archivi di un tribunale statunitense. Ma prima di arrivare alla riproduzine degli atti, ovvero ai processi, i quali dureranno circa 7-8 minuti, ci saranno due ore e dico DUE ORE di noia profonda e distruttiva in cui Angelina Jolie con due labbroni come mai nella storia "RIVUOLE IL SUO BAMBINOOOO" (detto un pò strascicato verso la fine).

La storia.
Una madre vive da sola con il figlio, un giorno lo lascia da solo a casa, il figlio OVVIAMENTE, scompare. Qui termina la parte comprensibile che riprenderà verso la fine, quando la storia parallela di un tizio molto sudato ripreso ogni tanto a casaccio con un'ascia o un fucile, o mentre prende un treno, avrà un senso e il tizio verrà arrestato (perchè uccide bambini a caso in un pollaio). Quando lei denuncia la scomparsa del figlio la polizia gliene riporta un altro e qui incontreremo l'unico personaggio degno di nota, ovvero il bambino più cazzimmoso della storia dell'umanità, che nonostante la disperazione della donna si ostnerà a chiamarla mamma suscitando anche nello spettatore una certa stizza. Quando lei dichiara che le hanno riportato un bambino sbagliato la fanno internare (in un manicomio dove tutto sommato non la torturano nemmeno troppo).
Ogni tanto grida ossessivamente a qualcuno a caso "Rivoglio il mio bambinooooo!", ma ormai nessuno le dà più importanza, nemmeno noi.
Esce dal manicomio, grazie a un prete che non si capisce bene che ruolo abbia nella società (tipo star della radio, predicatore, e qualche altra cosa) e fa un c*** così alla polizia perchè l'avvocato più bravo del mondo se la prende come cliente pro bono.
Alla fine tutti i bambini si saprà che fine hanno fatto, chi è stato ammazzato dal tizio sudato, chi si è salvato, tranne il suo, che non si saprà mai se è morto o dove sia.

I personaggi.
Tutti i bambini sono identici, tranne il presunto figlio ritrovato dalla polizia che a quel punto si riconosce per la sua indistinta cazzimma. Tutti hanno un berretto, la faccia sporca di fuliggine (non sappiamo perchè) e calzoncini stile Oliver Twist. Per cui appena si vede un bambino la domanda che sorge spontanea è "ah eccolo, è il figlio?" oltre a "quanto manca?"
Lei anche chiusa in manicomio è sempre bellissima, con i capelli più o meno ordinati e le labbra belle idratate dal momento del rapimento al ritrovamento, circa dieci anni più tardi, di uno dei bambini rapiti con suo figlio (che a questo punto dovrebbe avere circa 18 anni, ma sembra sempre ne abbia circa 8, da qui si deduce la scarsa percezione del trascorrere del tempo che accompagnerà tutta la narrazione).

La sceneggiatura.
Oltre agli atti del processo che sono stati riportati e sono più o meno interessanti, un concetto che torna costante è "Io rivoglio il mio bambino" frase detta più o meno a tutti i personaggi che Angelina incontrerà sulla sua strada, ma a cui nessuno darà più troppa importanza dopo i primi 15 minuti (ne resteranno altri 140).

Il messaggio.
Il messaggio potrebbe essere "Bambini, non salite sulle macchine degli sconosciuti se vi offrono una caramella o vi dicono che vi portano dai vostri genitori, perchè non è vero" oppure "rapitori, state attenti che se vi capita un personaggio come il bambino che appioppano ad Angelina potreste fare voi una brutta fine, i tempi non sono più quelli di una volta!" oppure "i capelli corti come Angelina alla fine sono comodi anche se vi rinchiudono in un manicomio, perchè anche lievemente mossi poi stanno bene", oppure "la polizia faceva schifo nel 1929. Spunto di riflessione sui carabinieri nel 2008".

Quindi se volete andate vederlo, ma portatevi un libro, e non comprate caramelle o patatine, potreste accanirvici non avendo altro da fare.

09 novembre, 2008

La caduta

Era una giornata di quelle che non si capisce se fa caldo o se fa freddo. Pioveva, ma a tratti sbucava un tiepido sole, eppure l'aria era grigia. Sembrava tutto normale, una giornata uggiosa per dirla alla Battisti, ma non particolarmente piovosa. Di quella pioggerella fine fine, leggera, quasi impercettibile ma fastidiosa come una zanzara nelle orecchie in una notte d'estate.
Dicevo, tutto sommato sembrava che fosse una giornata come le altre: le bancarelle a via Roma ingombravano tutto lo spazio, il traffico completamente bloccato, le persone si insultavano perchè non si riusciva a passare.
Eccola lì, la nostra eroina: intenta a districarsi tra le autovetture e le signore cariche di buste all'uscita della stradina, che causa lavori in corso, da casa sua sbucava nel mezzo di via Roma, sul suo motorino rosso fiammante... e tutto sembrava andare liscio come l'olio, LISCIO COME UN SANPIETRINO APPENA BAGNATO DALLA PIOGGERELLA.
Dove era diretta? Non ha importanza ora, e forse non ce l'avrà nemmeno in seguito. Anzi, si, diciamolo, così inquadreremo il personaggio. Dotata di enorme senso del dovere e della famiglia, andava a trovare la sua nonnina, che abitava dall'altro lato della città.

Superata via Roma, nelle vicinanze del porto, da lontano si scorge la luce rossa di un semaforo; il traffico nel frattempo si è lievemente diradato, l'aria è ferma, l'atmosfera tranquilla, e nessuno immaginava che stesse per accadere l'inesorabile. L'imprevedibile: in vista del semaforo, nell'atto di frenare, alla velocità di circa 0,2 kilometri orari, LA NOSTRA PROTAGONISTA CADEVA ROVINOSAMENTE DAL MOTORINO.
Così, vivendo la sua caduta al rallentatore, si verificò il diaologo tra sè e sè:
Sè1: sta succedendo (intanto il motorino inizia ad inclinarsi)
Sè2: si, cretina, stai cadendo (l'asfalto è sempre più vicino)
Sè1: fai qualcosa, FRENA (il motorino forma un angolo acuto di trenta gradi con l'asfalto)
Sè2: ma sono già in frenata! (angolo acuto: 15 gradi)
Sè1: salva la booooooorsaaaaaaaaaaaaa! (Un tonfo.)
Sè2: ...

La situazione a questo punto è la seguente. I beni personali della nostra eroina sono sparsi lungo la via Nuova Marina secondo un sistema proporzionale che vede il bene più piccolo (cellulare) più lontano, e quello più grande (motorino) più vicino. Da situare nel mezzo un libro, schizzato via dalla borsa, la borsa stessa, una penna, l'iPod e il ginocchio della nostra protagonista. Tutto il lato destro del graziosissimo cappottino tortora è ora definito da una splendida decorazione a quadretti (sampietrini), di quel terriccio bagnato umidiccio e appiccicoso che si crea nelle giornate di pioggia ai lati delle strade.
Immediatamente dopo la caduta, lei si rialza, alla velocità dell'ultrasuono, raccoglie le sue cose tra le macchine e si rimette ritta sul motorino tra gli sguardi allibiti degli automobilisti e del vigile urbano più inutile della storia.
Tutto questo si verificava nel giro di circa 4 secondi che alla nostra eroina sono sembrati un'eternità.
Rimessasi impiedi il vigile e un signore in motorino contromano (SiMc) le vanno incontro:
Vigile: tutto bene signurì? Ma comm avit fatt???
E: guardate non lo so, stavo frenando e a un certo pun
SiMc: Ma vi siete fatta male?
E: No, mi sono fatta bene.
SiMc: E che vi siete fatta?
Vigile: Ma comm avit fatt??
E: Mi fa un pò male il ginocchio.
SiMc: e mo vi dovete fare controllare, ma vi fa male??
E: No, mi dà una piacevole sensazione di benessere.
Vigile: Ma comm avit fatt??
E: Stavo frenando al semaforo quando a un cert...
Vigile: no, i vuless capì comm avit fatt...
E: scusate, ma che ve ne importa???
Vigile: no, pe capì. Ma vi siete fatta male?
SiMc: Ma cosa vi fa male? Mo dovete mettere il ghiaccio.
Vigile: Ce vo a pomat'!
SiMc: Si, ma si deve mettere prima il ghiaccio, se no si gonfia.
Vigile: O lasonìll!
E (un pò stordita e con un accenno di mal di testa): Sentite, tutto apposto, vedete stiamo bloccando il traffico.
Vigile (DECISAMENTE A CAZZO): STI GIOVANI D'OGGI!
SiMc: eh, c'amma fa.
Vigile (rivolto al signore in motorino): scusate, ma voi...STATE CONTROMANO!
SiMc: VABBUO' MA MO CHE C'AZZECCA? IO STO PRESTANDO SOCCORSO.
E: Comunque io sto bene, arrivederci!

La nostra eroina si rimette sul motorino alla volta del pronto soccorso, e una calda (nonchè inutile) lacrima di dolore le riga la guancia.
Com'è finita? Vi basti sapere che le diedero un pezzo di cioccolato (a cui era risultata intollerante, ma questa è un'altra storia) e si calmò.

06 novembre, 2008

Mi mancano le mie passeggiate con Baguette sotto braccio in giro per la città, a piedi o in bici.
I pomeriggi folli di shopping e i negozietti vintage nei Marais e a Saint Sulpice, il mercato e la Mouffetard. Le cioccolaterie, la pasta e fagioli con gli amici la sera. Il rumore della caldaia di casa mia quando aprivi l’acqua calda.
La cioccolata di Angelina, ingrassare e sentirmi bella lo stesso. Perché ti senti bella ogni mattina, con i capelli arruffati e le schiocche rosse, due croissants a colazione, e la sciarpa. (Perché lì senza una sciarpa non sei nessuno).
Un sorriso che non sarà mai quello che avevi a Parigi. In nessun altro posto sarai mai così bella.
Mi manca la mia stazione di Censier Daubenton, Louis ed Etienne, il petit pain aux olives di Monge, le Bulangeries.
Le clementine. Emma e i tavoli da Poker e la nuit blanche, il cappuccino a tutte le ore.
Il Cafè Lea e i compiti di grammatica con Linda. Paris Photo al Carrousel du Louvre.
La Nike di Samotracia. Il 27 e la crepe a Notre Dame. Le margherite nel vaso in salotto.
Rue Saint Honorè e le vetrine di Hermes.
Mi manca persino il mio padrone di casa, Monsieur Villeneuve-le-rideau-de-la-douche?? Mais-le-rideau-de-la-douche c’est bon!, la burocrazia e le formalità di France Telecom e Gaz de France. L’imbianchino polacco e i suoi puzzolentissimi sottaceti. L’antipatia dei francesi, quella scontrosità ostentata che tutto sommato sa di genuino.
Mi manca anche Mme Inack e le sue unghie lunghissime e decorate, con le sue minacce di mettermi ZERO a tutti gli esami. Le Franprix, le prix gagnant, e le Bon Marchè. I concerti à l’Operà e le suites di Bach per violoncello nelle fredde chiese di Saint Germain.
Sono a casa da 8 mesi e vivo in uno stato di delusione perenne, di insoddisfazione cronica, eppure adoro la mia città.
Sarà che sbaglio le persone.
Ho una particolare propensione a circondarmi di gente egocentrica con cui non c’è margine di dialogo, con cui non abbiamo nulla da dirci. Con una certa ostinazione.

Ma non è che adesso io sia depressa, o la vita mi giri particolarmente male. E’ solo che l’anno scorso a quest’ora vivevo a Parigi.

02 novembre, 2008

Patate primo nemico

Dunque sono rimasta sola a pranzo perchè qui oggi non c'era nessuno. Apro il frigo e vedo delle patate già tagliate da Lucia destinate ad essere fritte.
Decido che le devo cucinare, ma non fritte, altrimenti sono una bomba.
Ore 13 e 30: metto le patate (sottili) in un ruoto con acqua, sale, pepe e un filo d'olio.
Ore 13 e 50: le patate non danno cenno di volersi cuocere.
Ore 14: la situazione si fa preoccupante, pranzerò alle dieci di stasera se continuo così.
Ore 14 e 10: inizio a spiluccare in cucina, mangio mezza filadelfia.
Ore 14 e 15: le patate sono bianchissime. Mi faccio un panino con la mozzarella e il prosciutto.
Ore 14 e 30: tolgo le patate dal forno con tutta l'acqua e le metto in una padella. Non danno segno di voler cuocere, si asciuga l'acqua, e cominciano ad attaccarsi alla padella. Ma sono sempre crude.
Ore 14 e 40: mangio due mandarini.
Ore 14 e 45: le patate sono completamentebruciacchiate fuori e crude dentro, riprendo il ruoto, riaccendo il forno, le rimetto a 230 gradi, attenzione. E' una questione di principio, non posso perdere contro le patate. Manco a dire la verza, o le lasagne. O il ragù. LE PATATE.
Ore 14 e 50: le patate sono ancora in forno. E sono sempre bianche.
Vi farò sapere come evolve la situazione.


Aggiornamento ore 15.
Le patate sono state gettate con violenza nella spazzatura ancora crude. Ora, capiamoci. Dalle ore 13 e 30 alle ore 15 fanno 90 minuti, ovvero un'ora e mezza, parenti a due ore, in cui le maledette non hanno dato segno alcuno di scalfimento.
Non può essere colpa mia.